L’art. 6 del D. Lgs. n. 231/2001 prevede che la società possa essere esonerata dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati indicati se prova che:
- L’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione (UNI INAIL o UNI ISO 45001:2018) idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatisi
- Il compito di vigilare sul funzionamento, l’efficacia e l’osservanza dei modelli nonché di curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il c.d. Organismo di Vigilanza
- Le persone fisiche hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione
- Non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui al precedente punto 2
Il D.Lgs. 231/2001 prevede per l’ente l’esonero dalla responsabilità amministrativa qualora dimostri una serie di condizioni: tra queste l’adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione.
L’Ente è esente da responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 quando coloro che hanno commesso uno dei cd. reati presupposto, hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
Il D.Lgs. 231/2001, nell’ottica di una incentivazione e sensibilizzazione di una cultura aziendale improntata alla prevenzione del rischio di reati, prevede per l’ente una sorta di esonero dalla responsabilità qualora, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 231/2001, dimostri una serie di condizioni tra cui, in particolare, l’adozione ed efficace attuazione di modelli 231 di:
- Organizzazione
- Gestione
- Controlli idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi
- Creazione di un organo interno dotato di “autonomi poteri di iniziativa e di controllo” per verificare il funzionamento, la corretta ed effettiva attuazione e l’aggiornamento di detti modelli (art. 6 D.Lgs. 231/2001 – il cosiddetto OdV-Organismo di vigilanza 231).
Dunque l’Ente deve aver adottato (formalmente con delibera del CdA) ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire reati della medesima specie di quello in concreto verificatosi (adottando procedure e sistema disciplinare, individuando OdV, formando il personale e gli altri destinatari del modello 231, elaborando e applicando il codice etico comportamentale, adottando sistemi di gestione certificabili, e magari certificati, praticando audit e controlli a campione e a sorpresa sul rispetto delle procedure gestionali e operative).
Il regime è differente a seconda che il reato sia stato commesso:
- Da un soggetto in posizione apicale (art. 6 D.Lgs. 231/01), nel qual caso l’onere della prova dell’idoneità ed efficacia del modello organizzativo è attribuito all’ente
- Da un soggetto in posizione subordinata (art. 7 D.Lgs. 231/01), nel qual caso l’onere della prova è attribuito all’accusa.
Indubbiamente la posizione difensiva dell’Ente è, astrattamente, più agevole se il reato è commesso dai sottoposti. Anche se in realtà è più frequente la circostanza in cui i reati sono commessi dai soggetti apicali, magari proprio affidando incongruamente incarichi a soggetti sottoposti privi di adeguata idoneità tecnico-professionale.
Nell’ipotesi in cui il reato sia stato commesso da soggetti aventi posizione apicale che, di certo, non agivano nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, l’ente deve senz’altro rispondere a meno che – con riferimento all’articolo 6 D.Lgs. 231/01 citato – non fornisca la prova di avere adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (cfr., Cass. pen., sez. VI, 9.7.2009 n. 36083).
Per quel che riguarda la compatibilità della elusione fraudolenta delle misure con la imputazione colposa dei reati-presupposto di cui agli Artt.589 (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni personali colpose gravi o gravissime), va innanzitutto evidenziato che questo aspetto in ogni caso mette in evidenza che il modello deve essere conformato e strutturato in maniera tale da renderne assai difficile l’elusione.
La misura che costituisce la conditio sine qua non per la contestazione dell’imputazione colposa non coincide con l’adozione del comportamento prescritto dalla legge (norma antinfortunistica), ma è costruita in modo da orientare concretamente il soggetto – salvo che esso non eluda il controllo – all’adozione di quel comportamento, attraverso il rispetto preliminare e preventivo di procedure gestionali e operative, di istruzioni operative e quant’altro serva a garantire una gestione sicura, salubre e a regola d’arte della sicurezza durante tutto lo svolgimento dell’attività intrapresa ovunque ed in qualunque contesto territoriale dall’azienda.
Occorre osservare quanto segue:
- La violazione della misura di prevenzione prevista dal modello e dalle procedure dell’ente può non comportare necessariamente la violazione della norma di legge, ma essere in ogni caso un campanello d’allarme, un evento sentinella che segnala il venir meno del rispetto delle regole, il crearsi di un clima di disaffezione all’azione organizzata e coordinata che può condurre poi sul piano inclinato che porta a violare in futuro anche le norme di legge
- La violazione della misura di prevenzione prevista dal modello e dalle procedure dell’ente può comportare la violazione della norma di legge, ma questa non determinare necessariamente, secondo le regole del nesso di causalità, il verificarsi dell’evento morte/lesioni che è il solo, in quanto violazione degli articoli 589 e 590 del codice penale, a comportare la responsabilità 231 dell’ente
- La coscienza e volontà di eludere una misura e la norma correlata non necessariamente si traducono nella coscienza e volontà di determinare il verificarsi dell’evento morte/lesioni, il che comunque non comporta affatto il venir meno della responsabilità prevista dal codice penale, che è appunto colposa, ovvero non intenzionale, nè tanto meno quella dell’ente, che è basata sulla colpa organizzativa, che si manifesta anche nella mancanza di azioni adeguate per prevenire comportamenti volontari di disaffezione procedurale
L’Ente/Società non risponde dei reati commessi dai propri dipendenti se prova:
- Di aver adottato ed attuato efficacemente Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo 231 conformi ai requisiti del D.Lgs. 231/2001
- Di aver affidato ad un organismo dotato di autonomi poteri d’iniziativa e controllo (ODV) la vigilanza e l’aggiornamento di tale Modello 231
- Che il modello è stato eluso in modo fraudolento
Il Modello si pone l’obiettivo di realizzare un completo sistema di controllo ed organizzazione interno, anche per quanto disposto e previsto altresì dall’Art. 30 D.Lgs. n. 81/2008 (che è articolo integrativo del D.Lgs. n. 231/2001 e niente affatto una autonoma previsione normativa, come qualcuno erroneamente sostiene) quale esimente per la responsabilità della società in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Il Modello correttamente predisposto ed efficacemente attuato evita le sanzioni di natura pecuniaria (la cui quantificazione avviene in quote, per importi che possono arrivare ad 1 milione e mezzo di euro) ed interdittiva quali:
- Interdizione dall’esercizio dell’attività
- Sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessione
- Divieto di contrattare con la P.A.
- Esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e revoca di quelli concessi
- Divieto di pubblicizzare beni o servizi
L’adozione del Modello 231 , il suo continuo aggiornamento ed una sua efficace applicazione evita anche possibili azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori che non lo hanno adottato, esponendo così l’ente al rischio di gravi conseguenze patrimoniali.